- evaromoli
- 4 mar
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Aggiornamento: 17 mar

Quando mi capita di camminare per il mio quartiere e di andare verso Via Andrea Doria e oltre, per qualche commissione mirata, torno sempre di buonumore.
Sono grata ai negozi di calze e calzettoni, di foderami, di asole e bottoni, di abbacchi e polli, di pigiami, di serrande e serramenti, di articoli per fumatori, di materassi, di penne e quadernoni, di libri usati, di pizze rustiche, di pasta all’uovo, agli alimentari, ai falegnami, ai corniciai, ai ferramenta, alle trattorie con le porte chiuse; sono grata alla loro resistenza, alle loro vetrine pulite ad altezza d’uomo, ai loro cartelli con le offerte scritte a mano col pennarello nero, ai loro orari che prevedono le pause pranzo; sono grata alla loro resistenza all’ennesimo forno con le sedie bianche impagliate, alle luci al neon sulle calamite di Michelangelo e sugli ombrelli Roma/Amor, alle boutiques con le pareti nere e i commessi senza senza calzini a gennaio, ai locali per apericene, alle librerie che vendono i pacchetti relax con le cene gourmet.



